Mercoledì 3 aprile 2019 si è tenuto un seminario con il prof. János FRIVALDSKY dal titolo “Considerazioni giusfilosofiche sul perdono a proposito del saggio Antropologia del perdono, di Antonio Malo”, con la partecipazione di docenti delle Facoltà di Filosofia e di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce.
Partendo dalle constatazioni e dalle analisi svolte nel libro Antropologia del perdono, il professore Janos Frivaldszky, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università cattolica di Budapest (Pázmány Péter Katolikus Egyetemi), ha voluto dimostrare che la fiducia, considerata dall’autore la chiave di ogni relazione e, quindi, anche dei beni e dei mali relazionali, è analogica e si basa soprattutto sui rapporti familiari o in analogia con essi, come il rapporto tra Jahvé e il suo popolo, secondo la Bibbia. Perciò, sostiene Frivaldszky, il concetto di dignità della persona umana (sviluppatosi in un periodo posteriore, sulla scia delle religioni ebraica e cristiana) è incomprensibile all'infuori dell'esperienza del perdono nell’Alleanza con Dio ma anche all’interno della famiglia, soprattutto mediante la pratica della procedura giuridica del "rîb”, come si mostra nella storia di Giuseppe e suoi fratelli. Questo racconto, assai lungo nella Bibbia, sarebbe la risposta pedagogica divina alla storia di Caino ed Abele, in cui non c’è perdono, perché Caino non si pente. Oltre alla relazione danneggiata, il perdonare presuppone il senso di colpa e il riconoscimento del male fatto e, soprattutto, il pentimento.
Il professor Frivaldszky ha spiegato anche che, se non si capisce l'etica salvifica del perdono, si svuota il concetto stesso di dignità umana. A questo riguardo, si è domandato come il perdono possa influire nel caso di uccisioni "legittimate culturalmente" come nella 'guerra giusta' (il trauma della Grande Guerra) o in quello dell'aborto. Poiché, nonostante la legittimazione, la psiche umana ferita ha bisogno dell'esperienza del perdono e di quella di essere perdonati (anche in questi casi), come sostiene la logoterapia, il perdono sembra l'unica risposta giuridica ed etica.
Infine, partendo dalle analisi del libro, ha affrontato il problema della supposta simmetria della giustizia e dell'asimmetria del perdono.
Dal canto suo, l’autore del libro ha spiegato perché, a suo parere, nonostante l’origine ebraica del perdono, il cristianesimo introduca un tipo di perdono che prima non esisteva: un perdono totale e incondizionato, poiché dipende fondamentalmente da un Dio che perdona prima ancora che gli si chieda perdono, come si vede nel sacrificio della Croce. In questo senso, ha sostenuto che il perdono cristiano non si riferisce tanto al ristabilimento della fraternità, ossia a una fraternità universale, che sarebbe stata danneggiata sia da Caino sia dai fratelli di Giuseppe sia dall’Olocausto, quanto a un’amicizia universale persa. Infatti, secondo lui, mentre la rottura della relazione fraterna non distrugge il legame fraterno reale, ma solo quello simbolico, ogni tipo di rottura relazionale distrugge l’amicizia sia con Dio, sia con gli altri, sia con se stessi. Così, il perdono di Gesù sulla Croce è incondizionato ma non senza senso (contro una visione postmoderna del perdono); esso ha uno scopo: trasformare i nemici di Dio, degli altri e di se stessi in amici, come si osserva nella figura del buon ladrone, che da nemico pubblico diventa amico universale.